Elogio delle vagabonde. Erbe, arbusti e fiori alla conquista del mondo – Recensione Un libro straordinario che prende al cuore, con un pizzico di attualità: per osservare la situazione delle piante (e non solo) da un'altra prospettiva.

Elogio delle vagabonde. Erbe, arbusti e fiori alla conquista del mondo - Recensione

Le piante viaggiano. Soprattutto le erbe. Si spostano in silenzio, in balìa dei venti. Niente è possibile contro il vento. Se mietessimo le nuvole, resteremmo sorpresi di raccogliere imponderabili semi mischiati di loess, le polveri fertili. Già in cielo si disegnano paesaggi imprevedibili. Il caso organizza i dettagli, per la diffusione delle specie ricorre a ogni possibile vettore. Non c’è nulla che non sia adatto al trasporto: dalle correnti marine alle suole delle scarpe. Ma la gran parte del viaggio spetta agli animali. La natura prende in prestito gli uccelli consumatori di bacche, le formiche giardiniere, le docili pecore, sovversive, il cui vello racchiude campi e campi di sementi. E poi l’uomo. Animale tormentato in continuo movimento, libero scambiatore della diversità.

Difficile dare una valutazione obiettiva a questo libro, perché “prende al cuore”: panace di Mantegazzi, porracchia sudamericana, fico d’India, papavero sonnifero, poligono del Giappone, erba della Pampa… piante pressoché sconosciute ai non addetti ai lavori, nomadi e vagabonde per definizione: trasportate dal vento, dagli animali o dalle suole delle scarpe, con il solo obiettivo di riprodursi, di far trionfare la vita anche in mezzo al cemento e alla impermeabilizzazione del suolo delle grandi città.

Giorno dopo giorno queste erbe vagabonde conquistano, con coraggio e vitalità, giardini, scarpate e terreni incolti. Eppure, le erbe vagabonde non hanno buona nomea: le si chiama anche erbacce, piante selvatiche, piante infestanti e spesso si vieta loro un diritto all’esistenza. Amiche o nemiche? Belle o detestabili? Il libro, o per meglio dire l’autore, prende una posizione netta, raccontando la la storia di ciascuna di loro. E spiega come l’uomo, i diserbanti, il cemento, i dissodamenti e le coltivazioni industriali abbiano addirittura facilitato l’attività “migratoria” di queste piante randagie, che si sono potute (o hanno dovuto) insediare e crescere.

Un libro indimenticabile, che punta al cuore, e nel quale si può leggere un efficace parallelismo con un’altra situazione “migratoria” fin troppo nota alla cronaca recente e che pure, incredibilmente, questo libro va a scuotere e sensibilizzare: nella speranza che l’accoglienza diventi il nostro motto, verso tutte le forme di vita del pianeta: piante, uomini e animali, non importa quanto “uguali” o “diversi” possano sembrarci.

Elogio delle vagabonde. Erbe, arbusti e fiori alla conquista del mondo - Recensione

 

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